Ciao,
buon anno! No il titolo non è un clickbait, cioè in realtà un po’ lo è, ma descrive molto bene il contenuto della prima newsletter di HiFi & DeFi del 2022. Ho raccolto alcuni degli articoli più belli che ho letto ultimamente che gettano forti dubbi sulla solidità di queste nuove tecnologie. Il motivo per cui lo faccio, perché dentro ci sono tante critiche costruttive e interessanti e molto spesso sono molto più utili che vuote apologie.
Magari alcune di queste criticità le conoscete già, ma ci tengo che tutte le persone che seguono questa newsletter capiscano che stiamo parlando di una tecnologia nascente e quasi tutto quello viene sviluppato in questo spazio è ancora in fase sperimentale.
Partiamo da qui.
Questo articolo è girato tantissimo negli ultimi giorni, perché non solo è molto ben scritto e argomentato, ma è stato redatto dal fondatore della app Signal. Signal è considerata la app di messaggistica crittografata più sicura al mondo (la suggerisce spesso anche il super esperto di cyber security Jack Rhysider nel suo podcast di grande successo Darket Diaries) e Moxie Marlinspike, come dice giustamente nell’intro, ha dedicato buona parte della sua carriera alla crittografia. Nonostante questo non è un grande fan del mondo crypto, allontanato come tanti dalla cultura “crypto-bro” e dai meme sui “shitcoin”.
In realtà i suoi due appunti principali sono:
Per decentralizzare davvero il web gli utenti dovrebbero gestire un proprio server e non sembra una cosa proponibile.
I tanto blasonati protocolli sono peggio delle app centralizzate perché si evolvono molto più lentamente. Basta prendere il protocollo email che è uguale da 30 anni.
Moxie ha sperimentato costruendo un paio di dAPPs (le app decentralizzate) relative al mondo NFT per rendersi conto che l’unico modo per collegarsi alla rete Ethereum sarebbe stato o gestire un proprio nodo, una cosa difficile e costosa per un utente o addirittura per un’azienda, oppure affidarsi a due società che si occupano di estrarre i dati dalla blockchain: Infura o Alchemy. Quasi tutte le dAPP optano per la seconda opzione e pure il tanto decantato MetaMask utilizza Infura per dirvi quanti soldi avete nel wallet. Infura non è decentralizzato: se mentisse, come potremmo noi utenti saperlo?
L’esperimento su OpenSea
Moxie non si è fermato qui. Ha deciso di creare un NFT e caricarlo su OpenSea, rendendosi conto che, come abbiamo anche raccontato nel podcast, gli NFT sono dei semplici pezzi di codice che “puntano” a un contenuto che non sta sulla blockchain di per sé.
Moxie ha sfruttato questa cosa, ha detto al contratto di andare a prendere l’immagine da un suo sito che ha abilmente programmato in modo da distribuire un immagine diversa a seconda dell’ip che lo richiedeva: se aprivi l’NFT su OpenSea appariva in un modo, su Rarible in un altro e nel wallet appariva addirittura l’emoji di una bella merda.
OpenSea però ha sgamato la pratica e ha fatto sparire l’NFT, facendoglielo anche sparire dal wallet però: in un mondo apparentemente decentralizzato che non ha gatekeepers o censori questo non dovrebbe essere possibile. Oltretutto OpenSea ha dichiarato che l’NFT violava i suoi termini di utilizzo, ma Moxie non ha trovato nulla che li violasse dopo averli letti più volte attentamente.
E se sparisse il serve che hosta le scimmie da centiniaia di migliaia di euro? che succederebbe?
Moxie accosta il mondo web3 a una corsa all’oro, che quindi è molto attraente e difficile da fermare, ma avverte che una vera decentralizzazione non può avvenire almeno se non ci sono garanzie per gli utenti e una certa facilità di utilizzo.
Questi sono alcuni estratti, l’articolo completo è qui.
Game, set, match, tempo di disiscriversi da questa newsletter e andare avanti?
Aspettate un attimo
Vitalik Buterin, il fondatore di Ethereum, ha apprezzato e risposto alle critiche su Reddit: qui sopra vedete gli screen.
In buona sostanza Vitalik dice che bisogna averte pazienza che gli strumenti per una vera decentralizzazione sono in fase di sviluppo e sottolinea diversi progetti che aiuteranno gli utenti a collegarsi direttamente alla blockchain senza intermediari.
È tutto abbastanza tecnico, quindi eviterò di tradurre cose che non capisco al 100%, ma qui sopra avete il tweet se volete approfondire.
Parliamo di Brian Eno
L’abbiamo visto quasi ovunque, pure su La Repubblica, Brian Eno ha detto degli NFT “How sweet - now artists can become little capitalist arseholes as well”.
Fa specie, perché sono parole dette da un visionario che ha fatto una carriera nel mischiare arte e tecnologia. Quindi ha ragione?
È un discorso molto complicato; allo stato dell’arte delle cose potrebbe in effetti avere anche un po’ ragione. Fatemi spiegare; la stampa in effetti parla solo di soldi collegati agli NFT, si parla sempre e solo del motore economico e mai delle prospettive a cui può portare questa tecnologia. Io penso a un mondo in cui tutto è collegato, in cui i metadati sono sulla chain e posso essere presi per un passaggio radiofonico o un play su spotify e gli autori e gli artisti possono essere pagati direttamente, magari splittando gli introiti fra gli investitori direttamente sul proprio wallet.
Mi piace anche pensare che finalmente anche i fan hanno un modo di pagare per la musica e di collegarsi ai propri miti che va oltre il vecchio supporto e questo potrebbe trovare nuove e interessanti frontiere fra gamification, contenuti speciali e fan engagement.
Ma Brian Eno ha 73 anni, queste implementazioni necessitano tempo e lui sta commentando il qui e ora: e qui e ora in effetti molti progetti lanciati dai musicisti sono sembrati un altro modo per foraggiare il portafogli.
Gli NFT di Nas: dubbi e perplessità.
Ieri dovevano finalmente droppare gli NFT di Nas, attraverso la piattaforma di Royal.
C’è stato qualche piccolo disguido dovuto all’incredibile hype che si è creato intorno a questo progetto e dopo vari tentativi hanno deciso di rinviare tutto a Giovedì 20.
È curioso notare come questi disguidi nel web 2.0 creavano grandi ondate di rabbia, mentre nel web3 aumentano solo l’hype intorno al progetto.
Anche perché per la prima volta si può acquistare una piccola parte di un brano incluso in un progetto che ha vinto il Grammy. Non solo: Nas ha intenzione di dividere piccole percentuali degli introiti dello streaming con chi acquista.
Con un investimento di 50€ si può recuperare un NFT Gold di Ultra Black che garantisce un ritorno dello 0,0143% di quello che il brano genera dallo streaming. Il portale di informazione sul music business MusicAlly ha stimato che per rientrare del proprio investimento di 50$ il brano dovrà avere altri 50 milioni di ascolti e, visto che ne ha avuti 8 milioni dal 2020, sembra abbastanza infattibile che succeda. Se invece volete spendere 4.999$ per il Diamond di Ultra Black, avrete un ritorno del 2,14%; secondo MusicAlly servono 700k stream per generare quei soldi, ma avendo solo il 2% e rotti quella cifra va moltiplicata per 50.
Quindi è un buon investimento o no?
Intanto vi siete iscritti alla newsletter sbagliata che qui non si danno consigli sugli investimenti, però visto che facciamo analisi discografica questa domanda merita di trovare una risposta.
Il problema è questo: se vuoi coinvolgere la fanbase che ancora non è crypto / web3 devi vendere dei pacchetti che costano poco, che però necessariamente pagano anche molto poco. Quando poi il fan si vede arrivare 0,02€ (cifre che per noi nel music business sono all’ordine del giorno LOL) nel wallet come cifra generata da 6 mesi di stream potrebbe sentirsi fregato. Questa è la grande limitazione della frammentizzazione degli NFT e degli introiti: o ne fai pochi che costano tanto, ma rischi di floppare e non trovare acquirenti, o ne fai tanti che costano poco e rendono ancora meno, con il rischio che gli NFT nel tempo calino di valore.
Si ovvio gli NFT si posso flippare: quelli di Nas saranno su Polygon, un layer 2 di Ethereum perfettamente compatibile con la mainnet, che ironicamente ha come valuta il Matic… Illmatic.. ok scusate non ho resistito. Visto l’hype intorno al progetto mi sembra verosimile che comprando l’NFT e rivendendolo si potrà ampiamente rientrare del proprio investimento.
L’idea di avere un NFT di Nas, un pezzetto di un disco di così alto profilo è comunque entusiasmante anche solo per l’idea di aprire il proprio MetaMask la mattina e rimirarlo e sentirsi più vicini a uno dei rapper che hanno fatto la storia della musica.
Ps: chi acquista la versione Diamond può fare anche una videochiamata con Hit-Boy. Chissà che non gli possiate far sentire una vostra demo :-)
E poi…
Daniel Allan sta avendo grande successo con i suoi NFT musicali.
Vuoi sapere come ha fatto?
Leggi quiPER CHI È PIÙ TECNICO.
Lunedì al 99% torna il podcast con una bella novità: in ogni puntata ci sarà un guest producer che si occuperà delle basi.
Il listone di HiFi & DeFi:
Qui un recap di tutte le realtà musicali di cui ho parlato nella newsletter (sono esclusi i progetti in fase di lancio)
Questo deve servivi come elenco per facilmente capire quali sono le piattaforme che possono in qualche modo aiutare il vostro progetto musicale, oggi.
Audius
piattaforma musicale tipo soundcloud con NFT, Fan Token e moneta interna $AUDIONe parlo qui, qui, qui, qui e qui.
Piattaforma con una linea editoriale che opera su ETH specializzata in vendita di NFT musicali 1/1.
Ne parlo qui
Un’etichetta tradizionale votata alla musica alternativa, guidata da una community che si incontra su Discord.
Una comunità su Discord che decide quali video posso essere venduti attraverso la sua piattaforma. Funziona su ETH. Ne ho parlato qui
Una comunità su Discord che finanzia progetti meritevoli secondo la comunità stessa.
Piattaforma non ancora pienamente online dedicata alla frazionalizzazione degli NFT.
Piattaforma con una linea editoriale che fa piccole quantità di NFT di artisti emergenti. Ha una community su Discord molto attiva.
Ne ho parlato quiPiattaforma non solo musicale aperta a tutti per NFT 1/1
Ne ho parlato qui.
SUPER interessante l'analisi affrontata e da un punto di vista per niente soggettivo (finalmente, cari giornalisti italiani imparate). Per il caso specifico di Nas, la risposta secondo me sta nel capire se "alla fine della fiera" siamo realmente interessati all'investimento in una tecnologia che in un futuro potrebbe portar una svolta nel rapporto fan-artista o solamente all'idea del possedere una percentuale (che non ci garantirà nessun ritorno economico) di un brano di un rapper storico.